Ci mostra il brutale stile architettonico, piazze funzionali, grandi blocchi abitativi, ma anche le forme più libere delle costruzioni a uso culturale dove gli architetti hanno potuto sperimentare forme e soluzioni tecniche ardite che mostrassero la grandiosità e l’austerità dei regimi totalitari che le comissionarono. C’è qualcosa di carismatico e solenne in questi paesi, è un treno che ti porta indietro nel tempo, nei posti dove convivono malinconia e bellezza sottolineate dalla maestosità del cemento e dalla poesia di nebbie surreali.
Paragonando le visioni dei fotografi esteuropei che cercano di cogliere l’anima dei propri luoghi d‘origine con le immagini scattate da fotografi non appartenenti all’area di ricerca, caratterizzate in generale, da un approccio esplorativo-documentario, si scopre quanto siano permeate da una sottile aura di malinconia e di nostalgia. Come se questi luoghi ancora impregnati di una storia controversa ma ancora troppo recente portassero questi autori a fotografarli attraverso una lente che amplifichi la sensazione di sospensione temporale e allo stesso tempo, attraverso un filtro che limiti una visione calata nel contemporaneo di questi luoghi.
È un viaggio attraverso un est silenzioso e schivo, lontano dai clamori politici e dagli sviluppi industriali che descrivono oggi queste terre.